Nella letteratura umanistica il conformismo è solitamente visto come una criticabile debolezza umana dovuta soprattutto alla paura dell'emarginazone sociale, della solitudine e della responsabilità morale. Ma il conformismo può essere anche uno strumento di potere ed essere attraente anche per questo.
Abbiamo infatti bisogno degli altri, di interagire con gli altri, di essere approvati dagli altri, ma anche gli altri hanno questi bisogni, e noi possiamo approfittarne se ci poniamo come "gli altri" degli altri. Tuttavia, perché ciò avvenga, dobbiamo soddisfare certi requisiti, dobbiamo essere accettati come approvatori, e per questo dobbiamo conformarci alle norme, forme e valori comuni. Dobbiamo essere "rappresentativi" della società.
Al teatro, per esempio, ci sentiamo approvati (nella misura in cui ci comportiamo "normalmente") e approvatori (in quanto giudicanti), sia degli attori, sia del resto del pubblico. Perciò il teatro piace tanto, al di là dei contenuti messi in scena. Lo stesso vale per le partite di calcio e qualsiasi altro tipo di spettacolo o intrattenimento pubblico.
Il conformismo è fortemente motivante perché conformandoci, non solo ci sentiamo approvati, ma ci sentiamo approvatori, e questo è un potere enorme che ognuno può avere sugli altri, quello di giudicarli, perché ognuno ha paura del giudizio negativo e bisogno di quello positivo. Insomma, il conformismo non va visto solo come una forma di sottomissione, ma anche, paradossalmente, di dominazione, di esercizio di potere. Altrimenti non si spiegherebbe perché è così diffuso e tenace.
Abbiamo bisogno di essere riconosciuti come "riconoscitori" e per acquisire tale qualità dobbiamo conformarci. Se non siamo accettati come "riconoscitori", non siamo rispettati, non siamo desiderati, non contiamo nulla.
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