Alcuni hanno asserito e ancora oggi asseriscono che esiste un dio (o più di uno) e che conoscono la sua (o la loro) volontà.
Io chiamo costoro mediatori divini e li classifico in “diretti” e “indiretti”. I mediatori diretti affermano di aver ricevuto direttamente da (un) Dio indicazioni circa la sua volontà. I mediatori indiretti hanno ricevuto tali indicazioni da un mediatore diretto, da altri mediatori indiretti o da scritture qualificate come sacre.
Da sempre, i mediatori divini raccontano e insegnano la volontà divina a tutti coloro (bambini e adulti) che sono disposti ad ascoltarli per libera scelta, per costrizione, a seguito di pressioni sociali o per curiosità.
A causa della naturale credulità umana e/o di pressioni sociali, molti credono nelle asserzioni dei mediatori divini. Di conseguenza, i credenti cercano di comportarsi secondo la presunta volontà di Dio principalmente per due fattori (che dipendono dall'osservanza di tale volontà): la paura di una punizione e la speranza di un premio (l'infelicità o la felicità in vita e/o dopo la morte). A ciò si aggiunge il fatto che, molto spesso, dal grado di osservanza della presunta volontà divina, dipendono penalità e ricompense sociali.
Le aspettative di penalità e ricompense (sia divine che sociali) determinano, a mio avviso, un bisogno ”indotto” (ovvero non geneticamente determinato) di eseguire la volontà divina, qualunque essa sia, indipendentemente dalla sua razionalità o ragionevolezza. Tale bisogno contribuisce a motivare e a governare (consciamente o inconsciamente) il comportamento delle persone, sia sul piano razionale che su quello sentimentale.
Se tutto ciò è vero, i mediatori divini giocano un ruolo di primaria importanza perché, interpretando arbitrariamente la volontà di Dio (a prescindere dalla sua reale esistenza) possono condizionare, nel bene e nel male, il comportamento di singoli individui e di intere masse.
Tale "condizionamento divino” può influenzare in modo determinante vari aspetti dell'esistenza umana, quali: le interazioni sociali (intracomunitarie e intercomunitarie), la soddisfazione dei bisogni primari, la visione del mondo e della vita, la concezione della natura umana e l'etica che ne deriva.
Di conseguenza, il destino di una società (cioè il suo progresso o il suo regresso) e il grado di felicità dei suoi membri possono dipendere anche dal loro credere in una certa concezione della volontà divina.
I mediatori divini hanno pertanto, a mio parere, un'enorme responsabilità morale, civile e politica nel determinare benessere e malessere delle comunità in cui operano.
Per concludere, ritengo ragionevole sospettare che la cosiddetta "volontà di Dio" sia stata (e sia ancora oggi) arbitrariamente definita dai mediatori divini, al fine di favorire potere e privilegi per sé stessi e per i propri alleati politici.
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