Lezione di creatività da Teorema di P.P. Pasolini (1968)
Bisogna inventare nuove tecniche – che siano irriconoscibili – che non assomiglino a nessuna operazione precedente. Per evitare così la puerilità e il ridicolo. Costruirsi un mondo proprio, con cui non siano possibili confronti. Per cui non esistano precedenti misure di giudizio. Le misure devono essere nuove, come la tecnica. Nessuno deve capire che l'autore non vale nulla, che è un essere anormale, inferiore – che come un verme si contorce per sopravvivere. Nessuno deve coglierlo in fallo di ingenuità. Tutto deve presentarsi come perfetto, basato su regole sconosciute, e quindi non giudicabili. Come un matto, sì, come un matto. Vetro su vetro, perché Pietro non è capace di correggere – ma nessuno se ne deve accorgere. Un segno dipinto su un vetro corregge senza sporcarlo un segno dipinto prima su un altro vetro. Ma tutti dovranno credere che non si tratti del ripiego di un incapace, di un impotente: bensì che si tratti invece di una decisione, sicura, imperterrita, alta e quasi prepotente: una tecnica appena inventata e già insostituibile. Oppure cellophane o garza incollati su vetro, e tutto trasparente su un po' di segni che per caso siano riusciti bene sopra un cartone, dopo mille prove penose e mille altri cartoni stracciati.
Nessuno deve sapere che un segno riesce bene per caso. Per caso, e tremando: e che appena un segno si presenta, per miracolo, riuscito bene, bisogna subito proteggerlo e custodirlo come in una teca. Ma nessuno, nessuno deve accorgersene. L'autore è un povero tremante idiota. Una mezza calzetta. Vive nel caso e nel rischio, disonorato come un bambino. Ha ridotto la sua vita alla malinconia ridicola di chi vive degradato dall'impressione di qualcosa di perduto per sempre.
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