Ogni appartenenza ha le sue regole, cioè i suoi obblighi e divieti formali e sostanziali, che non sono altro che limitazioni della libertà del soggetto. Malgrado ciò, o forse grazie a ciò, l'Uomo non può fare a meno di appartenere a qualcuno o qualcosa, e ha giustamente paura della libertà assoluta perché questa corrisponde al nulla, all'indifferenziato, alla morte.
L'Uomo ha infatti bisogno di una libertà relativa, all'interno di limiti imposti dalle sue appartenenze. Essere significa appartenere. Essere qualcosa o qualcuno significa appartenere alla categoria rappresentata da quella cosa o da quella identità, nella sua particolare definizione, cioè delimitazione formale e sostanziale. Una cosa che non è delimitata non esiste. Per questo la libertà totale, cioè l'assenza di limiti, specialmente in un essere umano, fa paura.
Prendiamo ad esempio lo spazio vuoto intergalattico. Non ne conosciamo i limiti esterni, ma esso ha comunque dei limiti interni, che sono costituiti dalla presenza di corpi e materie celesti. Infatti, dove è presente un corpo celeste, lo spazio non è vuoto ma occupato, e questo rappresenta un suo limite. Se lo spazio fosse completamente e infinitamente vuoto, se non contenesse né corpi celesti né materia in alcun punto, esso non esisterebbe in quanto non sarebbe né visibile né misurabile.
L'essere si definisce dunque dai suoi limiti. Chiedermi "chi sono" equivale a chiedermi quali siano i miei limiti, ovvero i miei obblighi e i miei divieti, ovvero ciò che posso e che non posso fare, pensare, esprimere. L'unico modo per raggiungere la libertà assoluta è morire. Finché siamo in vita siamo limitati non solo dalla nostra costituzione fisica, ma anche da quella psichica, specialmente dal bisogno di appartenenza sociale presente in ogni essere umano come bisogno primario, cioè scritto nel nostro DNA.
Quando percepiamo le altre persone e ci chiediamo chi siano, cioè a quali tipi umani o identità appartengano, in fondo ci chiediamo quali siano le loro regole di funzionamento, ovvero i loro limiti, ciò che da essi ci possiamo e non ci possiamo aspettare. E quando non riusciamo a rispondere a queste domande, quando non riusciamo a intuire i limiti di una persona e quella ci sembra totalmente indefinita, cioè libera, quindi anche priva di freni morali, quella persona ci fa paura e preferiamo evitarla o contribuire a distruggerla.
Per essere integrati nella società dobbiamo quindi mostrare di essere soggetti a delle regole, a obblighi e divieti, di avere dei limiti. Ma dobbiamo mostrarlo anche a noi stessi per non impazzire. Pazzia è infatti non sapere più chi siamo. Se non abbiamo limiti che ci definiscono non siamo niente e nessuno, non esistiamo nemmeno come persone, siamo solo ammassi di cellule senza umanità, siamo dei mostri.
Per concludere, ammesso che il libero arbitrio esista e che siamo in grado, in qualche misura, di esercitarlo, questo non può consistere nell'esercizio della libertà assoluta, ma nello scegliere a quali regole sociali sottometterci, cioè a quale etica ed estetica conformarci, per non impazzire, per non morire.
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