2014/11/21

Sulla valutazione delle differenze umane

La valutazione delle differenze umane è un tema, spinoso, pericoloso, praticamente tabù. Tuttavia è una faccenda estremamente importante da molti punti di vista: psicologico, psicopatologico, psicosociologico, antropologico, politico, giuridico, etico, morale ecc.. Per questo ho deciso di indagarla.

Cominciamo col termine “valutare”. Dato che stiamo parlando di differenze umane, per valutare intendiamo l’attribuire un valore ad un individuo in un certo ambito, in modo comparato rispetto al valore attribuito ad un altro (o al valore medio attribuito ad un insieme di altri), dando per scontato che non tutti gli individui hanno identico valore nell’ambito considerato, altrimenti la valutazione non avrebbe alcun senso né utilità. In generale, “valutare” è sinonimo di “giudicare”, anche se il secondo termine è più usato nelle valutazioni di tipo morale, per cui si può dire che giudicare equivale a valutare moralmente.

Così come due esseri umani, messi l’uno di fronte all’altro, non possono non comunicare (anche il silenzio è un messaggio), analogamente essi non possono fare a meno di valutarsi reciprocamente e di autovalutarsi. Le valutazioni sono normalmente più inconsce che consce. Possiamo riferirci alla valutazione inconscia col termine di “percezione”.

Cerchiamo ora di identificare i possibili ambiti delle valutazioni. E’ difficile perché non esistono ambiti “standard” comunemente riconosciuti e accettati.

Gli ambiti più importanti che vengono considerati nella valutazione di un essere umano sono, secondo me, i seguenti:
  • intellettuale (intelligenza, capacità di analisi e sintesi di situazioni e fenomeni complessi, capacità critica, capacità di risolvere problemi, di seguire e capire idee altrui, capacità di comunicare, di concepire nuove idee, di prevedere il futuro, creatività)
  • morale (rispetto per il prossimo e i beni comuni, giustizia, non violenza, generosità, solidarietà, altruismo, lealtà, sincerità, mantenimento degli impegni presi, onestà, legalità ecc.)
  • competitivo (capacità di superare, vincere gli altri, proteggersi e difendersi dagli altri)
  • temperamentale / sentimentale (empatia, introversione, estroversione, passionalità, flemmaticità, erotismo, sensualità, senso dell’umorismo, pavidità, coraggio, allegria, malinconia ecc.)
  • estetico (bellezza, eleganza, attrattività, fascino, bruttezza, ripugnanza)
  • medico (salute fisica e mentale, resistenza alle malattie, robustezza, fragilità, vitalità)
  • pragmatico individuale (capacità di risolvere i propri problemi,, di soddisfare i propri bisogni, di guadagnare denaro)
  • pragmatico sociale (utilità sociale, capacità di risolvere i problemi altrui, di soddisfare i bisogni altrui, di aiutare gli altri, di guidare gli altri nel perseguire con successo interessi comuni)
E’ facile valutare, anche senza misurarla con uno strumento, la statura fisica di un individuo e dire, ad esempio, che A è più alto di B. Ma se parliamo di differenze in ambito intellettuale, morale, psicologico, psicosociologico ecc. le cose si complicano e diventano pericolose al punto tale che la maggior parte della gente preferisce astenersi dal valutare, tranne in casi eclatanti o di particolare coinvolgimento, come quando ci si ritiene vittime di ingiustizie.

La valutazione di un individuo (in un certo ambito) da parte di un altro comporta una serie di problematiche come le seguenti
  • è praticamente impossibile evitare di confrontare (consciamente o inconsciamente) la valutazione dell’altro con la propria autovalutazione, ragion per cui ogni valutazione comporta l’affermazione di una superiorità, inferiorità o uguaglianza del valutatore rispetto al valutato
  • è raro che due persone siano perfettamente uguali in un certo ambito di valutazione, per cui, prendendo a caso due individui, normalmente uno risulterà superiore all’altro nell’ambito considerato in una certa misura (soggettiva o oggettiva)
  • nel caso in cui il valutatore si valuti inferiore rispetto al valutato, si pongono problemi come i seguenti:
    • se la valutazione è coerente (cioè complementare) con quella che il valutato fa di se stesso, si determina un rapporto pacifico in cui la persona inferiore riconosce la superiorità dell’altro (riconoscimento che l’altro accetta) con le conseguenze del caso, come ad esempio l’accettazione di una posizione gerarchica inferiore o di un rapporto allievo verso maestro, da parte della persona che si considera inferiore
    • se invece ognuno si sente inferiore all’altro (caso piuttosto raro) allora si può creare una situazione di stallo in cui ognuno si aspetta che sia l’altro ad assumere un ruolo guida e di maggiore responsabilità nelle attività collaborative, e tenterà di dare all’altro la responsabilità di eventuali di errori o insuccessi
    • nel caso, invece, in cui il valutatore si valuti superiore rispetto al valutato, si pongono problemi come i seguenti:
      • se la valutazione è coerente (cioè complementare) con quella che il valutato fa di se stesso, vale quanto detto sopra nel caso corrispondente.
      • se invece ognuno si sente superiore all’altro (caso piuttosto frequente) allora si può creare una situazione di conflitto in cui ognuno cerca di dimostrare il suo valore non riconosciuto dall’altro e di raggiungere posizioni gerarchiche più alte in virtù della sua presunta superiorità
    Da un punto di vista dinamico, si possono ipotizzare due orientamenti opposti:
    • l’accettazione del proprio valore così come esso viene autovalutato o valutato dagli altri
    • il bisogno o desiderio di migliorare il proprio valore per ottenere vantaggi di vario tipo; parleremo in questo caso di bisogno di compensazione
    Il bisogno di compensare una valutazione ricevuta, o autovalutazione, ritenuta scarsa rispetto alle proprie ambizioni, può interessare sia l’ambito in cui viene determinata la scarsità di valore, sia, nel caso in cui si ritiene impossibile un miglioramento in tale ambito, altri ambiti in cui il miglioramento è relativamente più facile. Per esempio, se io ritengo di non poter aumentare il mio valore nelle discipline sportive perché il mio fisico non me lo consente, potrei dedicarmi alla coltivazione di discipline intellettuali, dove sono più dotato, e lì potrei eccellere sempre di più anche se già mi trovo ad un livello abbastanza alto. Questo fenomeno può spiegare l’accanimento di certe persone nel coltivare certe discipline o a perseguire “missioni” di utilità sociale; in altre parole queste persone spesso si comportano così non per un genuino bisogno di superare se stessi, ma per compensare sentimenti di inferiorità incolmabili in altri ambiti, ed essere, in fin dei conti, più competitivi in senso lato.

    Esprimere valutazioni su aspetti “umani” di persone o categorie di persone, o autovalutazioni, è sempre pericoloso perché chi ascolta le valutazioni non può fare a meno di chiedersi quale sia il proprio valore nell’ambito considerato, anche se la valutazione non lo riguarda direttamente. Intendo dire che, direttamente o indirettamente, ognuno si sente coinvolto nella valutazione di qualsiasi altro essere umano. In altre parole, se A valuta B in un certo modo (positivo o negativo), C non può fare a meno di chiedersi quanto sia simile a B, e se riscontra qualche somiglianza, proietterà su se stesso la valutazione che A ha fatto di B, e reagirà come se A avesse valutato C invece di B. Per questo motivo, volendo essere “politicamente corretti” non si dovrebbe mai giudicare nessuno, né positivamente né negativamente. Infatti anche un giudizio positivo di A verso B potrebbe essere “preso male” da C se questo si sente carente, rispetto a B nell’ambito della valutazione.

    Ma essere “politcamente corretti”, se può essere utile per evitare di offendere qualcuno, non aiuta la società a progredire, anzi, rischia di impoverirla moralmente. Perché la moralità di una società dipende moltissimo dai giudizi morali di cui i suoi membri sono oggetto e/o soggetto, e, in assenza di giudizi morali, verrebbe a mancare una fondamentale motivazione a comportarsi eticamente.

    Parlando di autovalutazioni, non possiamo fare a meno di ricordare che la mente umana è “normalmente” vittima di autoinganni e illusioni, a causa del meccanismo incoscio che cerca di allontanare dalla coscienza tutto ciò che può essere doloroso o sgradevole per il soggetto, come ad esempio una autovalutazione negativa, soprattuto in ambito morale. Questo fa sì che normalmente le persone si sopravvalutino, cosa più evidente nelle personalità narcisistiche.

    D’altra parte certe religioni (tra cui il cristianesimo) tendono a inculcare nei loro adepti un autodisprezzo (come nel caso del mito del peccato originale) e questo può portare a sottovalutazioni ingiustificate quanto dannose, che colpiscono soprattutto le persone più sensibili e ingenue.

    Per concludere, io credo che i rapporti umani migliorerebbero se la valutazione delle differenze umane venisse affrontata in modo aperto, razionale e demistificato, superando la sindrome del “politicamente corretto” e fosse oggetto di metacomunicazione e ricerche scientifiche psicosociologiche.

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