A mio parere, la cosa più importante per un essere umano, dopo la soddisfazione dei suoi bisogni fisici, è l’appartenenza ad una comunità o società, in quanto indispensabile per la sopravvivenza dell’individuo e la conservazione della sua specie. Possiamo chiamare tale necessità “bisogno di appartenenza o di integrazione sociale”. Si tratta di un bisogno primario o primordiale, ovvero scritto nel DNA, e fondamentale nel senso che da esso derivano una quantità di bisogni secondari e di desideri (consci e ancor più inconsci), che si sviluppano sulla base delle esperienze, come mezzi o strategie per soddisfare il bisogno principale.
Nel sistema nervoso umano, il bisogno di appartenenza si avvale di un sistema omeostatico di controllo che induce l’individuo a mantenersi integrato in una comunità. Il controllo viene realizzato mediante l’attivazione di sentimenti dolorosi di angoscia o paura, di intensità proporzionale alla percezione di un pericolo di perdita dell’integrazione, e di sentimenti piacevoli di gioia di intensità proporzionale alla percezione di un aumento dell’integrazione.
I bisogni sono causalmente concatenati nel senso che, ad esempio, la soddisfazione del bisogno A facilita la soddisfazione del bisogno B che a sua volta facilita la soddisfazione del bisogno C e così via fino al bisogno di appartenenza X. Tali concatenazioni sono in gran parte inconsce per cui se la soddisfazione del bisogno A provoca piacere, è probabile che in realtà quel piacere sia dovuto, nell'esempio di cui sopra, ad un’anticipazione della soddisfazione del bisogno X ovvero quello di appartenenza.
La mia ipotesi è che tutto ciò che l’uomo fa e da cui trae gioia, ha una valenza sociale (conscia o inconscia) positiva, ovvero favorisce direttamente o indirettamente l’integrazione sociale del soggetto, così come tutto ciò che l’uomo fa e da cui trae angoscia o paura ha una valenza sociale negativa, ovvero rischia di causare direttamente o indirettamente l’esclusione o l’emarginazione del soggetto dalla sua comunità di appartenenza, o l’assegnazione ad esso di un ruolo gerarchicamente meno favorevole.
Per concludere, per capire perché le persone fanno ciò che fanno e non fanno ciò che non fanno, può essere utile chiedersi: in quale misura ciò che fanno favorisce direttamente o indirettamente la loro integrazione sociale e in quale misura ciò che non fanno potrebbe causare direttamente o indirettamente una loro esclusione o penalizzazione sociale?
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