La libertà non esiste in natura, se non come illusione della mente umana. Si potrebbe dunque dire che sia un concetto inventato dall'uomo.
Prendiamo ad esempio un animale "in libertà". La sua libertà è relativa al fatto che esso non si trova chiuso in una gabbia, ma in senso lato esso non è affatto libero, bensì soggetto alle leggi della natura, ovvero della necessità e del caso, cioè alle leggi della fisica e della biologia, tra cui la funzione dei suoi istinti, che determinano i suoi comportamenti, i quali essendo così determinati, non sono liberi (come volevasi dimostrare).
Lo stesso vale per l'essere umano e in particolare per la sua attività pensante, la quale non è libera ma soggetta a leggi e meccanismi a cui il pensiero non può sfuggire nemmeno quando si sforza di farlo pensando al suo stesso pensare (metapensiero).
Il pensiero, infatti, può solo essere casuale o causale (o una combinazione dei due casi), ovvero "determinato" da qualcosa a lui interno o esterno, tra cui, come vedremo sotto, passivamente da esso stesso.
A ben vedere, un pensiero non è mai veramente casuale, anche quando si sforza di esserlo. Se infatti decido di pensare qualcosa "a caso", ho due possibilità per farlo: scelgo la cosa a cui pensare al mio interno oppure al mio esterno. Se la scelgo al mio interno, la scelta è limitata sia dal contenuto della mia memoria, sia dai suoi meccanismi di ricordo o richiamo e dai bias che tendono a farmi ricordare e dimenticare certe cose piuttosto che altre. Se la scelgo al mio esterno, per esempio usando un computer generatore di parole casuali, allora il pensiero non è libero, ma soggetto alla scelta operata da un ente esterno, cioè il computer o, più ingenerale, dagli stimoli offerti dall'ambiente.
Rassegnamoci dunque al fatto che i nostri pensieri non sono liberi ma determinati dallo stato e dai meccanismi della nostra mente e dell'ambiente che ci circonda, ovvero da un insieme di leggi, condizioni e stimoli interni ed esterni.
Tra queste condizioni c'è il pensiero stesso, dato che il pensiero si "svolge" normalmente in senso seriale, e ogni sua parte è determinata da quelle precedenti, con cui essa deve essere coerente. Se così non fosse, il pensiero sarebbe incoerente, ovvero assurdo, errato e quasi sempre inutile.
Possiamo dunque dire che una delle condizioni che limitano la libertà di pensiero sia il bisogno di coerenza, e, di converso, che l'unico modo per tentare di liberare il pensiero sia quello di permettergli di essere incoerente, almeno in parte.
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