La religione ci ha insegnato a vivere non per il presente, ma per il futuro, un futuro incerto, ambiguo e poco credibile, in cui dovremmo essere premiati o puniti per ciò che facciamo o non facciamo adesso. Questa supremazia del futuro sul presente ci rende psichicamente malati perché ci fa trascurare i bisogni dei nostri corpi (in cui sono incluse le nostre menti), i quali bisogni sono per il presente, non per il futuro.
Bisognerebbe perciò cercare di vivere ogni momento della nostra vita nel modo più soddisfacente possibile, pensando al futuro solo coma continuazione ed evoluzione del presente, non come qualcosa che gli dia un senso. Il presente ha un senso di per sé, e anche se non ne avesse, non sarebbe certo un futuro sconosciuto a poterglielo dare.
Un altro errore che facciamo è quello di pensare al futuro come qualcosa di individuale, di personale. In tale ottica si tratta di un futuro effimero perché per ogni essere vivente esso finisce nel nulla, con la sua morte. Dobbiamo invece pensare soprattutto al futuro della nostra specie, e dell'ambiente di cui essa ha bisogno per sopravvivere. Vivere appieno il presente significa fare il nostro dovere di membri della nostra specie, che continuerà a vivere e ad evolvere dopo la nostra morte individuale.
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