Perché abbiamo dei bisogni che non riusciamo a soddisfare.
E perché non riusciamo a soddisfare alcuni nostri bisogni?
Ci sono bisogni la cui soddisfazione richiederebbe la collaborazione di altre persone, che però non sono sempre disposte a collaborare con noi a tale scopo, così come noi non siamo sempre disposti a collaborare con gli altri per soddisfare i loro bisogni.
Ci sono bisogni la cui soddisfazione richiederebbe un certo grado di intelligenza, ma questa a volte è insufficiente.
Ci sono bisogni la cui soddisfazione richiederebbe un certo grado di conoscenza di sé stessi, degli altri e del mondo, ma questa a volte è insufficiente, a volte distorta.
Ci sono bisogni la cui soddisfazione richiederebbe un certo grado di salute mentale, ma questa a volte è insufficiente, a volte compromessa in modo irreversibile.
Ci sono bisogni la cui soddisfazione richiederebbe un certo grado di autocontrollo, ma questo a volte è insufficiente.
Ci sono bisogni la cui soddisfazone richiederebbe un ambiente sociale e naturale diverso da quello attuale, ma non sempre si può cambiare l'ambiente sociale o naturale, o spostarsi in un ambiente migliore.
Ci sono bisogni che non conosciamo o che consideriamo illeciti e per questo non cerchiamo di soddisfarli. D'altra parte ci sono bisogni artificiali, indotti dalla pubblicità e dal consumismo, i quali, anche se soddisfatti, non ci fanno stare bene.
Ci sono bisogni la cui soddisfazione richiederebbe fortuna, ma questa non sempre è a noi favorevole.
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Parli di “sofferenza” dovuta alla “insoddisfazione di bisogni”. Non si può generalizzare questo concetto perché i bisogni di un africano che nasce e vive in un villaggio della Somalia sono sicuramente diversi dai nostri che viviamo nella parte privilegiata del mondo. Dire che “soffriamo” perché non riusciamo a “soddisfare i nostri bisogni” significa che li abbiamo posti su un livello troppo alto. L’africano non “soffre” per mancanza di collaborazione di qualcun altro, ne per il suo analfabetismo, ne per la sua mancata conoscenza del mondo e per la inconsapevolezza di se stesso, per il suo mancato autocontrollo e per il fatto che è costretto a vivere in un ambiente sociale e naturale sfavorevole perché i suoi “bisogni” sono bisogni primari.
RispondiEliminaLa sofferenza della quale parli è alla base di molti suicidi nei paesi privilegiati. Nell’Africa Subsahariana il suicidio è praticamente assente.
Noi, nati e cresciuti nell’ovatta, “soffriamo” se gli altri non collaborano, se il vicino ha la macchina più grande, se il figlio dell’amica ha voto migliori a scuola, se il marito della collega è ricco e bello, se i nostri figli non hanno soddisfatto le nostre aspettative…….ci permettiamo il lusso di “soffrire” per queste stupidaggini perché a casa nostra esce l’acqua potabile dai rubinetti e in inverno fa un bel calduccio, possiamo comprarci da mangiare 24 ore/giorno, se siamo feriti o malati veniamo curati, ai nostri figli possiamo garantire un futuro splendido, perché non siamo minacciati da guerre, saccheggi, carestie, violenza e epidemie.
Per non “soffrire” basterebbe rendersi conto che le cose che abbiamo sono molte di più di quelle che non abbiamo. Allora possiamo vivere senza “soffrire” anche se qualcuno ci delude, se le nostre aspettative non si sono realizzate al 100%, anche se l’ambiente sociale e naturale non è perfetto perché siamo capaci di apprezzare quello che la vita ci da in ogni momento. Non ci vuole una intelligenza particolare, ne un alto livello di cultura e meno che meno “fortuna” per soddisfare i nostri bisogni.
Petra, grazie del commento. Io non ho generalizzato, infatti non intendevo dire che le cause che ho elencato si applicano tutte a tutti. Ognuna di esse è più o meno applicabile da persona a persona. Si tratta di un repertorio di ipotesi e possibilità.
RispondiEliminaDetto questo, condivido molte cose che hai scritto, tranne dove dici che "per non soffrire basterebbe...". Non credo sia così semplice smettere di soffrire. Se fossse vero allora tutti quelli che continuano a soffrire sarebbero degli sciocchi, il che non è. Infatti anche io soffro per vari motivi ma non credo di essere così sprovveduto da non vedere una semplice soluzione, se esistesse.
Inoltre, quando dici che "abbiamo posto i nostri bisogni su un livello troppo alto" non tieni conto che i bisogni non sono una cosa che uno può deliberatamente porre ad un certo livello. Ciò avviene in modo involontario e inconscio, e quindi difficilmente modificabile con la sola forza del pensiero e della volontà. Questo problema si ritrova in diversi paragrafi del mio articolo, come quelli che parlano di intelligenza, conoscenza, salute mentale, ambiente.
Se vuoi puoi proporre l'aggiunta di una o più cause di sofferenza.
Forse non hai generalizzato il concetto ma l'hai enormemente semplificato. Hai preso in considerazione un repertorio assai limitato e applicabile solo ad una piccola percentuale dell'umanità.Quelli che nei paesi benestanti "soffrono" perché non possono soddisfare i loro bisogni" non sono degli sciocchi ma dei viziati dalla sorte. Certo, il livello sul quale poniamo i nostri bisogni è involontario ma è condizionato dal nostro vivere nelle bambagia.
RispondiEliminaPoi, credo, parlare di sofferenza è un eufemismo. La sofferenza degli immigranti che soffrono davvero per paura, per fame, di stenti come la dovremmo chiamare?
Attribuire la "sofferenza" dovuta a "insoddisfazione dei nostri bisogni" a una non perfetta salute mentale o alla sfortuna di dover vivere qui o la mostra che chi scrive non ha un concetto chiaro di quello che scrive. Nella ricerca forzata delle cause possibili di una "sofferenza" salta di pane in frasca, dall'autocontrollo alla salute mentale, dalla conoscenza del mondo e di quello in se stessi. Mbé, un po' di confusione.....Siamo tutti dei malati immaginari che si sentono "diversi" se non abbiamo qualcosa per soffrire?
Va a vedere il film "Il sale della terra". Allora capirai che le sofferenze delle quali parli tu sono ridicole. Il solo supporre che uno possa "soffrire" per la non "soddisfazione di un bisogno (non primario!)" sembrerà grottesco.
Petra, mi sembra che tu stia criticando più quello che non ho detto (cioè l'assenza di idee simili alle tue) che quello che ho detto.
RispondiEliminaTi avevo proposto di aggiungere altri punti, ma, visto che ritieni le mie riflessioni inutili, semplicistiche, ridicole, grottesche, forzate, confuse e che io non so di cosa sto parlando, non insisto. Grazie comunque del feed-back.
Il film "il sale della terra" l'ho visto e ne sono rimasto profondamente colpito. Sebastião Salgado è uno dei miei fotografi e umanisti preferiti, lo considero un genio di prima grandezza. La sofferenza delle popolazioni colpite dalla violenza (mostrata in modo così intenso nelle foto di Salgado) rientra nel primo punto da me esposto, quello della mancanza di collaborazione tra esseri umani, e anche nel penultimo e ultimo.