2019/07/08

Imitare le differenze

Se, come dice Gregory Bateson, l'informazione è una differenza che fa una differenza, due informazioni uguali costituiscono due differenze identiche.

Questo è il paradosso fondamentale della vita: che ogni cosa o persona è uguale e diversa da altre cose o persone (in certi aspetti), e che noi siamo, e abbiamo bisogno di essere, uguali e diversi gli uni dagli altri allo stesso tempo.

Siamo infatti continuamente tesi a distinguere ciò che è uguale e ciò che è diverso, e a decidere chi imitare e da chi differenziarci.

Per questo il nostro pensiero è basato su tipi e stereotipi (logici o formali), distinguiamo le differenze in buone e cattive, e cerchiamo di imitare o perseguire quelle buone e di differenziarci o allontanarci da quelle cattive. L'etica è infatti basata sul riconoscimento delle differenze e sulla loro tipizzazione e valorizzazione.

I disagi e i disturbi mentali insorgono quando non riusciamo a deciderci tra due differenze, ovvero tra due diversi modi di essere (ovvero di pensare e di comportarsi) o due diverse appartenenze, cioè non sappiamo scegliere se assimilarci o differenziarci rispetto a certi tipi sociali (infatti, nello studiare le differenze umane, non dobbiamo considerare solo i tipi psicologici ma anche i tipi sociali).

L'indecisione tra due bisogni, ognuno dei quali comporta anche svantaggi o paure, è ciò che Gregory Bateson chiama "doppio vincolo" e Luigi Anepeta "dialettica tra bisogni antagonisti". Entrambi gli autori considerano tale irresoluzione una causa di disagi e disturbi mentali, incluse forme più o meno gravi di schizofrenia.

La natura ci ha dotati della capacità di riconoscere differenze e di assegnare ad esse valori diversi. Ci ha anche dotati del bisogno di imitazione e di quello di differenziazione rispetto ai nostri simili, e della capacità di scegliere tra i due casi.  Ma soprattutto ci ha dotati della capacità di imitare automaticamente e inconsciamente i nostri simili (come ci insegna René Girard e come la scoperta dei neuroni specchio sembra confermare).

L'organizzazione e la coesione sociale richiedono al tempo stesso una differenziazione di ruoli e una uguaglianza di identità all'interno di ogni gruppo rispetto a quelli competitori o complementari.

La società, infatti, non è un insieme di individui ma di gruppi omogenei di individui, ovvero di persone che hanno qualcosa di uguale tra loro e di diverso rispetto ai membri di altri gruppi. In altre parole, non si può fare parte della società se non come membro di qualche gruppo o comunità.

Per certe persone l'appartenenza a certi gruppi è certa, per altre più o meno incerta. Queste ultime soffrono più delle prime. Perché non solo ci sentiamo obbligati a definire le nostre personali appartenenze, ma ci aspettiamo che gli altri facciano altrettanto e vediamo con sospetto, paura e ostilità coloro che non riusciamo a classificare o raggruppare.

Conformismo e anticonformismo si combattono non solo nella società (tra gruppi diversi, anche se internamente omogenei), ma anche nelle menti degli individui, tanto più quanto essi sono introversi, con disagi più o meno grandi e più o meno evidenti.

La stabilità sociale richiede conformismo, il progresso anticonformismo.

Imitare o non imitare, questo è il dilemma che ci consuma (chi più, chi meno) e che ci caratterizza in (più o meno) conformisti o anticonformisti.

Nessun commento:

Posta un commento

Blog di Bruno Cancellieri