Come ogni altro organo di qualsiasi essere vivente, la mente umana, e in particolare la parte cosciente di essa (l'io cosciente) è emersa per caso durante l'evoluzione della nostra specie, ed è rimasta nel nostro corredo genetico perché ha costituito un vantaggio adattivo rispetto agli individui sprovvisti di essa, ovvero ha facilitato la sopravvivenza dei suoi portatori. La sua funzione è stata quella di imparare a conoscere l'ambiente e il proprio corpo nel senso di prevederne le reazioni rispetto a certi stimoli e situazioni, e di utilizzare il linguaggio simbolico per cooperare con altri individui e per pensare, ovvero comunicare con l'Altro interiorizzato.
E' solo da pochi secoli che la mente del Sapiens ha cominciato a interrogarsi su se stessa, e in realtà sono ancora molto pochi coloro che lo fanno, anche tra le persone più istruite. Come spiegare questo generale disinteresse per qualcosa che ci riguarda direttamente e profondamente?
Io credo che il motivo sia nella natura delle cose, ovvero nel fatto che la mente è emersa come un soggetto che impara a conoscere oggetti ad essa esterni per controllarli meglio e, quando è emersa, non c'era alcun bisogno di una sua auto-conoscenza o auto-coscienza, né di un suo auto-controllo. Il Sapiens primitivo era mosso da bisogni molto semplici, e usava la sua mente come strumento per soddisfarli, non certo per interrogarsi sui suoi bisogni o la sua mente.
Con lo sviluppo delle civiltà, le cose si sono complicate perché le culture umane hanno sempre più indotto negli individui bisogni secondari o artificiali, ovvero non definiti nel loro DNA, più o meno funzionali rispetto alle esigenze della specie, del gruppo e dell'individuo. La massima "Conosci te stesso", scritta in un tempio dedicato ad Apollo circa tremila anni fa, è uno dei primi segni dell'interesse dell'uomo per conoscere la propria mente, ma questa massima è ancora diffusamente disattesa.
Infatti, conoscere se stessi, o la propria mente (che è la stessa cosa) è facile a dirsi quanto difficile a farsi. Perché noi usiamo la mente (soggetto) per conoscere qualcosa (oggetto), e non è "naturale" che essa sia al tempo stesso soggetto e oggetto. Intendo dire che per conoscere una mente ci vorrebbe una mente ad essa esterna, per lo stesso motivo per cui uno non può vedere se stesso, a meno che non utilizzi uno specchio.
Si tratta dunque di mettere uno specchio davanti alla propria mente. Questo però non risolve la questione perché una mente che si osserva allo specchio non può che approvare se stessa, ovvero non ha capacità auto-critica. Il motivo è questo: se la mente conoscesse i suoi errori, li correggerebbe immediatamente, dato che la mente non servirebbe a niente, anzi, sarebbe controproducente, se conoscesse in modo non corrispondente alla realtà le cose che conosce, ovvero, non soddisferebbe la sua ragion d'essere. Pertanto, se una mente funziona male, l'eventuale conoscenza di se stessa è più o meno falsa. Infatti ogni mente considera "normalmente" se stessa esente da errori, almeno per quanto riguarda il giudizio etico.
Soltanto una mente che accetti l'idea che la propria visione del mondo possa essere falsa, ovvero che essa stessa funzioni male, ovvero in modo insoddisfacente rispetto ai bisogni della persona che la ospita, potrà sperare di conoscere se stessa.
In effetti, il numero di coloro che dubitano che la propria mente sia sana cresce continuamente. Si tratta di coloro che cercano un aiuto filosofico, psicologico, psicoterapeutico o psichiatrico per superare certe difficoltà o disturbi.
Ma l'auto-critica non basta per conoscersi. Infatti l'uomo sa ben poco della mente e anche a livello accademico esistono tante diverse teorie, più o meno contrastanti e riduttive, su come la mente sia fatta e come funzioni.
Ci sono aspetti della mente che possono essere indagati scientificamente, altri che sfuggono a qualsiasi ricerca scientifica, come la natura della coscienza, dei sentimenti (specialmente il piacere e il dolore) e del libero arbitrio e su queste cose ognuno si fa una sua idea sulla base delle proprie esperienze.
In conclusione, una mente può cercare di conoscere se stessa, ma non potrà mai essere certa che la tale conoscenza corrisponda alla realtà.
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