Si allarga lo spread tra Cacciari e l’italiano.
In questo articolo di Riccardo Chiaberge, una esilarante analisi del linguaggio accademico di certi professori.
Ecco alcuni illuminanti passi del saggio di Cacciari “Drammatica della prossimità”
«Anche questo mandatum è pleroma, non katalysis della Legge, salvezza del nomos stesso nel suo radicale rinnovarsi».
«Il Signore si ab-solve e si ad-prossima, senza mai che la relazione possa risolversi in astratta identità, in Unum est. L’Uno è Unus ed ek-siste, patibilis et patiens…Ma se il Sé non diventa capace di odiare la propria philautia (ed in ciò consiste il significato autentico di metanoia, di conversio), di fare esegesi di sé al prossimo…? ».
«Il Figlio che è uomo, noi, i figli, nel cuore del Theós Agape. La sua sovrabbondanza, il suo essere Agathós, potremmo dire, custodisce in sé ab aeterno tutti i loro pathemata. Dio è proximus perché plesios in sé – e per questo può essere vinto d’amore per il plesios che incontra e invocarne la philia».
Vedi anche l'articolo di Luigi Pavone, Venerati maestri: Cacciari e il suo essere insieme a Severino.
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"Accademico" ? nemmeno i rabbini medievali si esprimevano così. Spocchioso, direi. Intendiamoci, è un linguaggio cifrato di cui io per esempio comprendo i riferimenti, che sono banalissime proposizioni della teologia ufficiale cattolica. Volontaria, direi, tragicomicità...
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