Chi la sa più lunga? Questa domanda (conscia o inconscia, palese o nascosta, più inconscia che conscia, più nascosta che palese) è sempre viva e sottintesa in ogni espressione umana. Ciò avviene perché la sua risposta determina il ruolo e la posizione gerarchica di ogni essere umano nella società o comunità a cui esso appartiene, in un certo campo del sapere, che può essere più o meno specialistico o generale.
Si presuppone infatti che chi la sappia più lunga meriti una posizione gerarchica (in un certo campo del sapere) più alta rispetto a chi la sappia meno lunga. E allora, dato che ognuno vorrebbe stare più in alto (per quanto possibile) in ogni gerarchia sociale, ognuno cerca di dimostrare di non saperla meno lunga di altri, tranne nei campi in cui non si ritiene competente.
C’è un campo del sapere che non è specialistico e non corrisponde ad alcuna disciplina accademica: il “saper vivere”, ovvero la saggezza, che include la conoscenza del mondo, della vita, dell’uomo, della società, della politica e della morale. In questo campo la competizione a chi la sa più lunga è particolarmente intensa e agguerrita, dal momento che quasi tutti pensano che per imparare a vivere, per diventare saggi, non ci sia bisogno di alcuna istruzione particolare e tanto meno di un corso universitario.
E allora non sopportiamo chi afferma (o suppone) di saperla più lunga di noi nel campo del saper vivere, e diciamo che quelle persone sono “supponenti”, “presuntuose”, “arroganti” ecc.
Di conseguenza è dunque molto diffuso un imperativo categorico in base al quale nessuno è autorizzato a supporre di saperla più lunga di qualcun altro nel saper vivere, e meno che mai a cercare di insegnare ad altri come vivere.
Il risultato è che molti non sanno vivere se non in modo rudimentale, ma rifiutano ogni insegnamento o aiuto per saperne più di più.
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