2014/03/13

Per una morale condivisa creativa

Non si può essere "felici" da soli, ma la felicità dipende dalla qualità delle nostre relazioni col prossimo, a partire dal partner coniugale, i familiari, gli amici, i colleghi, e via di seguito. Affinché tra due persone ci sia una relazione "felice" o "sana" occorre che vi sia un linguaggio e un sistema di valori sufficientemente condiviso, altrimenti la relazione è caotica e prona alla violenza, cioè all'imposizione della volontà individuale dell'uno sull'altro con qualsiasi mezzo, tra cui la forza.

Un sistema di valori condiviso può essere determinato o da una tradizione (come quella tramandata e imposta da una religione) oppure, e qui sta la novità che io prefiguro, negoziato civilmente e creativamente tra le parti interessate.

Vorrei introdurre il concetto di rapporto umano mediato o immediato, mediato da un sistema di riferimento (di valori e significati) comune, oppure non mediato in tal senso. Mi riesce difficile pensare che un rapporto immediato possa svilupparsi e reggere senza gravi problemi. O meglio, per me un rapporto "immediato" è quello tipico delle bestie, che in realtà è mediato dagli istinti ed ha anche i suoi vantaggi, ma penso che gli umani non possano ritornare allo stadio bestiale senza conseguenze catastrofiche.

Parlando allora di rapporto mediato, il solo possibile per un umano civilizzato, si tratta di scegliere tra una mediazione tradizionale basata su valori conformistici di stampo religioso o modernista (mi riferisco al consumismo amorale) oppure una mediazione creativa, basata su valori "inventati" e negoziati tra le parti, basata sul compromesso. Premesso che "etica" è il ragionamento astratto sui possibili sistemi morali, mentre "morale" è una particolare serie di regole di comportamento che si decide o si sente il dovere di seguire, quando io uso il termine "morale condivisa" intendo uno strumento indispensabile per la buona qualità, produttività e non-violenza dei rapporti umani e quindi per la salute mentale. Detto questo, mi domando chi dovrebbe occuparsi di queste cose se non il professionista/consulente di discipline umanistiche, cioè lo psicologo, il filosofo, il sociologo, l'antropologo.

Giustamente uno psicoterapeuta non dovrebbe passare al paziente/cliente la propria idea di società (sarebbe infatti una imperdonabile forma di proselitismo filosofico/politico). Infatti non si tratta di indottrinare nessuno con una qualsivoglia visione del mondo particolare, ma di far capire al paziente che è necessario, dopo la liberazione dalle catene del super-io, (ri)costruire un proprio sistema di valori condivisibile, qualunque esso sia. Perché il problema della società non è tanto il fatto che i valori attualmente condivisi siano errati, ma il fatto che non vi siano più valori, o che essi non siano condivisi, e che lo stesso concetto di "valore" è diventando praticamente obsoleto.

Riepilogando, io non sono in favore di una particolare morale ma credo che ogni essere umano debba sviluppare creativamente e razionalmente una propria morale (vale a dire un sistema di valori) il più possibile condivisibile con altre persone e tale da rendere i rapporti umani più "umani". Ovviamente non prefiguro un unico sistema di valori condiviso da tutta l'umanità, ma tanti diversi, condivisi da gruppi più o meno grandi, per ogni gusto, sensibilità e desiderio individuale.

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Blog di Bruno Cancellieri